Sulla copertina di “Italy&Moda. Creatività, Bellezza e Sostenibilità” - edito da Koinè Nuove Edizioni - svetta un’immagine presa dall’Archivio del Museo della Seta di Como. E non è un caso. Perché proprio dalla tradizione serica comasca è partita la ricerca che ha portato alla pubblicazione del saggio di Roberta Redaelli. Chiediamo all’autrice di raccontarci come è scoccata la scintilla con il mondo della moda.
“Tutto è partito dalla mia laurea magistrale, infatti non mi ero mai approcciata alla tematica della sostenibilità applicata alla moda, fino alla stesura della tesi “Sostenibilità e Comunicazione come valori nel mercato di alta gamma”. Da quel momento sono entrata in contatto con la realtà del distretto serico comasco, che mi ha portato inizialmente a fondare Made in Como, vetrina della cultura sostenibile “Made in Como”, e successivamente alla pubblicazione del saggio”.
Iniziamo da qui. Lei ha dato voce ad imprenditori che operano nel settore tessile, per avere testimonianze dirette e stilare una cronaca completa della situazione attuale. A che punto è il distretto comasco rispetto alla sostenibilità?
“Il nostro distretto serico sta vivendo un’importante crisi che credo sia risolvibile solo se si decide di lavorare insieme, superando l’immobilismo che per troppo tempo ha caratterizzato il territorio. Ho scelto di trattare questo argomento interpellando gli operatori del settore, che si impegnano per la sostenibilità nel concreto, così che i messaggi siano più diretti. La sostenibilità è certamente una sfida e ha un costo, ma rappresenta anche un’opportunità per innovare prodotti e processi”.
Oltre agli operatori nel settore moda, lei pone l’accento su chi acquista, introducendo il concetto di "consum-attore".
“Il consumatore deve porsi delle domande, perché le sue scelte sono anche un atto morale e politico e possono fare la differenza. È importante che il consumatore venga messo in grado di comprendere appieno cosa sta acquistando attraverso una comunicazione mirata e trasparente che riguarda la produzione di un capo d’abbigliamento. Non può esserci sostenibilità senza tracciabilità”.
A che punto è oggi il Made in Italy?
La manifattura tessile italiana è pronta e all’avanguardia, anche dal punto di vista della sostenibilità. Il problema è che per la dicitura “Made in Italy” è sufficiente che il confezionamento sia effettuato nel nostro Paese. Ne deriva che più del 90% dei tessuti con cui sono realizzati i capi provengono da fuori Europa, senza che il consumatore ne sia messo a conoscenza. Servirebbe mettere in etichetta anche gli altri tre passaggi sostanziali, ovvero la filatura, la tessitura e la nobilitazione -stampa e tintura. Solo in questo modo il consumatore potrà fare scelte davvero consapevoli, premiando l’industria tessile italiana che di fatto è già la più sostenibile al mondo”.
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